Michelle Sartori e l’Azienda Agricola “La Dinara”
I ricordi dei nonni, le salde radici contadine della sua famiglia, tra le colline e i monti dove abita ancora, da sempre, con i genitori, la sorella, il fratello. Le storie difficili, la necessità di migrare verso le grandi città, tra la nostalgia e la voglia di ritornare al più presto. Michelle mi racconta queste e altre cose, mentre prepara attenta il formaggio fresco con il latte di capra, sul fornello del suo piccolo laboratorio (poco più di un angolo cottura), a pochi metri da casa sua e accanto alla stalla dove riposano le sue bellissime capre camosciate, un paio di vacche, un vitello. Intorno, c’è anche qualche altro animale da cortile e ci sono i bei cani maremmani, che dal recinto fiutano l’aria e mi squadrano: chi sarà questa forestiera?
Siamo a Terenzo, un paesino sulle colline della Val Sporzana, tra Val Baganza e Val Taro, in provincia di Parma. C’è l’atmosfera “campagnola”, un po’ selvatica del nostro Appennino, con tanto verde, tanto bosco ad addolcire il profilo dei monti. Anche il Monte Croce, qui davanti, è una collina molto cresciuta, senza spigoli e senza guglie. La Dinara, l’antica fontana del paese, ha dato il nome alla località e la famiglia Sartori-Ferrarini l’ha scelto come nome per la piccola azienda di famiglia, attiva dal 2015.
La consuetudine con la fatica, e un gran temperamento, hanno fatto di Michelle una giovane donna forte, determinata, con un amore immenso per questi luoghi e la fiducia incrollabile nella possibilità di vivere e lavorare qui. L’aiuto dei familiari non manca, ma la maggior parte del lavoro, in effetti, è sulle sue spalle.
“Il latte di capra è delicato, bisogna stare molto attenti a come lo si cuoce!” dice rimestando nel pentolone e controllando che tutto vada per il verso giusto. “Non è né il latte di pecora né tanto meno il latte di vacca. E’ un’altra cosa, ha caratteristiche chimiche molto diverse”. E lei, che studia veterinaria, sa bene di cosa sta parlando. “Va cotto a bassa temperatura, al massimo 40 gradi per lo stagionato, intorno ai 30 per il fresco: la cagliata è fragile!”.
“Ma come mai proprio le capre?” le chiedo. Da quel che mi ha detto, i suoi erano sì gente di campagna ma si occupavano d’altro.
“Da studentessa, ho fatto il tirocinio in un’azienda che allevava capre, e lì mi sono appassionata alla vita e al carattere di questi animali: sono furbi, intelligenti, con una volontà forte. Pensa che i capretti praticamente appena nati si drizzano in piedi e mangiano, a un giorno di vita già saltano e corrono. Gli agnelli e anche i vitelli sono tutta un’altra cosa: molto più lenti, timorosi… sono dei veri tontoloni! Insomma, a me le pecore non piacciono, sono troppo diverse. Se una si sbranca, le altre le vanno dietro e magari finiscono nei guai, le capre no, assolutamente. Così ho scelto questa bellissima razza di capre delle Alpi, che si trovano molto bene anche qui da noi”.
Com’è una tua “giornata tipo” con loro, Michelle?
“Mi alzo molto presto, per prima cosa do il fieno, che le capre andranno avanti a ruminare per tutta la mattina, poi mi occupo della mungitura, metto i fermenti nel latte e mentre aspetto che agiscano faccio colazione, poi fino alle dieci e mezza-undici lavoro il latte. Tra mezzogiorno e l’una do un altro giro di fieno, ne do un altro verso le cinque e mezza, poi mungo per la seconda volta e la giornata finisce. Questo quando le tengo in stalla. Appena è possibile portarle fuori, dopo il fieno della mattina e la mungitura le mando fuori e le riporto dentro a sera, prima della mungitura. Alla sera, basta appena un po’ di fieno, devono ruminare tutta l’erba fresca che hanno mangiato al pascolo: a volte basta anche solo quella, perché l’erba fresca fermenta molto e le riempie.”
Michelle sorride e aggiunge: “Diciamo che nel pomeriggio ho qualche ora di tempo ‘libero’… per studiare o fare dell’altro”.
Nei suoi scampoli di “tempo libero” le piace anche molto raccontare questa sua avventura, a chi la raggiunge quassù per saperne di più e assaggiare lo yogurt e il formaggio, prevalentemente fresco, che sono il suo orgoglio. Io appena posso vado a trovarla e mi porto a casa non solo un po’ del prodotto del suo lavoro ma anche il ricordo delle sue capre, splendide e birbanti, e di una zona affascinante della provincia di Parma, ricca di storia (la Via Francigena corre proprio in zona!), di cose belle da vedere e buone da mangiare, di persone autentiche e coraggiose.
Non vedo l’ora di portarci anche voi!